Scomparsa del diacono Dionigi Castelli

Il diacono Dionigi Castelli, ordinato diacono permanente nel 1994, è tornato alla Casa del Padre:

Omelia nelle esequie 

Non ho avuto, purtroppo, molte occasioni per frequentare il diacono Dionigi, quella che vorrei dare è dunque semplicemente una testimonianza e una testimonianza molto parziale, molto incompleta, ma attraverso la quale vorrei mettere in luce due aspetti della testimonianza che a mia volta ho ricevuto dal diacono Dionigi e che credo possano essere eloquenti anzitutto per tutti i diaconi.

Ricordo Dionigi, sempre accompagnato dalla moglie Angela, negli esercizi spirituali per i diaconi realizzati negli ultimi anni, in particolare ricordo i giorni passati a Marzabotto, per ascoltare la parola dei membri della Piccola Famiglia dell’Annunziata. Dionigi portava già i primi segni della malattia e per questo andava in giro con i bastoncini da sci; noi scherzavamo su questo e lui stava al gioco, sempre sorridente, sempre positivo, ci guardava a testa alta e aveva l’aria di dire (e talvolta lo diceva veramente): “Andiamo avanti, coraggio, sempre in pista!”. Era un modo con cui faceva coraggio anzitutto a sé stesso, ma facendo così dava forza a tutti, non si fermava a lamentarsi, cercava di essere propositivo, infondeva energia. E anche Angela, vicino a lui, sorrideva. Recentemente, e quasi per caso, ho trovato un testo del cardinale Martini che mi ha permesso di definire meglio questo aspetto della personalità del diacono Dionigi e il senso di ciò che mi ha, che ci ha trasmesso. Si tratta di un intervento al Consiglio presbiterale del marzo 1985, dal titolo: La figura spirituale del cristiano adulto; l’arcivescovo tracciava tre caratteristiche fondamentali del cristiano maturo, la prima delle quali è la “positività”. Così la descriveva: «È una figura di uomo che tenta continuamente di gettare ponti, di ricucire situazioni difficili, di guardare avanti». Nella figura del cristiano adulto – continua Martini – «non ci può essere depressività, sfiducia, malumore, malinconia, diffidenza. Neppure una certa animosità si accorda con la figura del cristiano maturo nella fede, che lascia piuttosto il posto alla tensione, al coraggio, alla generosità totale»; e concludeva questo punto parlando di «una figura eminentemente positiva e costruttiva, che cerca sempre di partire da ciò che c’è per vedere di migliorarlo e di accrescerlo, di scoprirne le virtualità. E, di conseguenza, tenta di costruire ogni personalità e ogni situazione secondo il meglio che esse possiedono e che possono dare». Ecco, a me sembra di avere almeno intravisto nel diacono Dionigi questa figura del cristiano adulto nella fede.

Il secondo aspetto della testimonianza di Dionigi lo raccolgo dall’ultima visita che gli ho fatto a casa qualche settimana fa. Angela mi raccontava che Dionigi aveva sempre il pensiero ai suoi impegni parrocchiali che non era più in grado di assolvere, avrebbe voluto essere presente in parrocchia, svolgere il suo servizio alle celebrazioni dei funerali, il suo pensiero era sempre per la sua comunità cristiana. In quei giorni, l’Arcivescovo Delpini era in seminario per un po’ di riposo (parola che però lui non conosce e sicuramente mi diffiderebbe dall’usare…) e allora, salutandolo, ho chiesto a Dionigi che cosa volesse dire all’Arcivescovo, che cosa dovevo riferirgli. Lui ha risposto: “Digli che sono sempre disponibile!”. Ecco, io penso che questo sia un altro tratto molto bello della testimonianza del diacono Dionigi: lo spirito di servizio, di amore per la Chiesa e di disponibilità a servirla. Una disponibilità che non viene mai ritirata, nemmeno nei giorni della malattia e della sofferenza, una disponibilità offerta fino all’ultimo. E se anche dovessimo dire che quelle parole erano frutto di una non completa lucidità riguardo alla propria condizione di salute personale, a maggior ragione dovremmo concludere che quello spirito di servizio era tanto profondamente radicato in lui da emergere quasi con forza, nonostante tutto. Ecco, mi sembra che Dionigi ci lasci questa parola: il servizio per un diacono non è un modo di atteggiarsi, non è un lusso che ci si concede in una certa stagione della vita, quella più felice e piena di energie, non è nemmeno semplicemente un elemento legato all’efficienza e alla produttività. Il servizio, per un diacono, è una disposizione del cuore, quasi una virtù innata, che non esclude il paziente apprendimento nel tempo e attraverso l’esercizio, ma si manifesta in modo luminoso come un atteggiamento stabile, radicato, forte, costitutivo della sua figura di “cristiano maturo”, di autentico discepolo del Signore Gesù che è venuto per servire.

don Giuseppe Como

Rho, 29 gennaio 2022