Enrico Montonati ha voluto dedicare ai diaconi un dipinto di grande valore e di notevole intensità espressiva. Il soggetto di questo dipinto è stato poi riprodotto da un altro artista, Pierluigi Balzarini, maestro incisore, su di una minuscola croce in metallo, decisamente molto bella. Questa croce, che vorremmo diventasse il logo o simbolo del diaconato ambrosiano verrà consegnata di anno in anno, a tutti i nuovi diaconi come segno e ricordo di questo momento.
Che cosa rappresenta dunque il dipinto di E. Montonati riprodotto sulla croce diaconale? Il soggetto si suddivide in tre parti tra loro connesse e disposte in linea verticale. In alto, anzitutto, il Cristo crocifisso: il suo volto mite e sofferente, il capo reclinato nell’atto estremo di donare la vita. Dietro il volto del Cristo crocifisso si nasconde – lo sappiamo – il segreto dell’amore di Dio per il mondo: «Dio ha tanto amato il mondo – aveva spiegato Gesù a Nicodemo – da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia ma abbia la vita eterna» (Gv 3,16). Nella morte in croce di Gesù, da lui accettata a cuore aperto, si compie la rivelazione di un mistero che tocca l’essenza di Dio. Il discepolo che ha visto rende testimonianza e ricorda le parole del profeta: «Guarderanno a colui che hanno trafitto» (Gv 19,37; Zc 14,12). É un invito a contemplare, a fissare gli occhi sul corpo esanime del Verbo fatto carne per riconoscervi la gloria di Dio (cf. Gv 1,14), cioè lo splendore di una carità senza misura. Questa carità scaturisce da un cuore umano la cui origine affonda nel segreto della Trinità: è un amore appassionato, eterno, universale e onnipotente. Per questo il crocifisso è qui raffigurato da E. Montonati senza mani: «Se io completassi il disegno ritraendo le mani – dice il maestro pittore – avrei l’impressione di limitare l’immensità dell’abbraccio che comprende tutto il creato. Nella mia visione, il Cristo è una figura quasi eterea della cui potenza è intrisa ogni cosa ed ogni elemento della realtà la riflette». «Quando sarò innalzato da terra – aveva detto Gesù – attirerò tutti a me» (Gv 12,32).
Il dono della vita è anticipato da Gesù nel gesto simbolico della lavanda dei piedi. É sempre l’amore ad ispirare Gesù: così commenta l’episodio il quarto Vangelo: «Avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine» (Gv 13,1). Nella parte inferiore del dipinto di E. Montonati è appunto rappresentato questo gesto, che come sappiamo, è il gesto del servo. Il diacono vi si riconosce in modo del tutto particolare: potremmo dire che questo è il gesto diaconale per eccellenza. L’amore del Verbo fatto carne acquista qui una forma precisa, quella appunto del servizio. Libero da ogni forma di ambizione, ormai purificato da ogni pur sottile ricerca di sé, il cuore di chi lava i piedi al suo prossimo è, come quello di Cristo, interamente votato alla felicità delle persone amate. Tutto è offerto per la loro gioia, in uno stile di vita che sarà per sua natura umile, generoso, fraterno, assolutamente gratuito, ma anche sapiente, mite e gioioso. In questo servire affettuoso e coraggioso, in questo prendersi cura del destino di ogni persona, si farà sentire l’abbraccio misericordioso del Cristo crocifisso per l’umanità.
Ed eccola l’umanità, lì, al centro del dipinto. É un’umanità senza volto, che rischia di non riconoscere la sua grande dignità e il suo luminoso destino. É un’umanità in perenne movimento, che rischia di vagare affannosamente senza meta, esausta e smarrita, spesso preda di egoismi incontrollati. E tuttavia, questa è l’umanità che viene da Dio e che vive di lui: è l’umanità stretta nell’abbraccio trinitario; è l’umanità che ha ricevuto la vita eterna, è la fidanzata dell’Agnello, la futura Gerusalemme del cielo (Ap 21-22).
Si comprende così, nella logica soggiacente alle tre parti del dipinto di E. Montonati, che il servizio reso dal diacono nel nome di Cristo tende semplicemente e decisamente al bene dell’umanità, e lo fa aiutandola a riscoprire la bellezza del proprio volto, nobile e santo, riflesso del volto divino di Gesù. Chinato ai piedi dei suoi fratelli, come il Signore divenuto servo, il diacono grida al mondo l’amore di Cristo, fondamento eterno e garanzia incrollabile della dignità di ogni persona. Uomo della soglia, collocato sul crinale che unisce (e mai separa) la Chiesa e il mondo, fratello che condivide l’esperienza dei più nella grazia sacramentale dell’Ordine sacro, esperto di quella dimensione della vita che il Concilio Vaticano II qualifica con il nome di laicità, il diacono è dunque colui che incontra, ascolta, chiama, invita, accoglie ogni uomo nel nome di Cristo, soprattutto i più poveri, i più stanchi e i più lontani. Egli li introduce nel mistero santo della Chiesa, avendoli prima raggiunti con la sua testimonianza d’amore, a partire da quella vita che condivide con loro.
La preghiera accompagni i diaconi della Chiesa, affinché quanto questa croce rappresenta diventi per loro sempre più realtà.