“Servo della Parola”
da questa affermazione il diacono Pietro Longoni ha creato una raccolta di omelie ambrosiane per approfondire e riflettere sulla Parola.
PREFAZIONE
La noia, la gioia e la semplicità
Spesso noi predicatori veniamo accusati di essere noiosi. Nelle sacrestie, alcuni fedeli eruditi e col gusto dell’ironia ci dicono: «In brevitate, veritas!» che nella loro immaginazione sarebbe un modo per dire che dobbiamo parlare poco e, comunque… di meno. Talvolta, smaliziati chierichetti che eccedono nella confidenza, fanno un ammiccante gesto delle dita poste a mo’ di forbice e dicono: «mi raccomando… taglia!». Certo, noi potremmo replicare che le stesse persone che ci accusano di essere lunghi nel parlare, quando poi prendono la parola spesso si dimenticano del loro prezioso consiglio e si dilungano senza sosta. Volendo comunque tralasciare le insolenze, il consiglio di predicare senza dilungarsi esageratamente rimane un buon consiglio. Annoiare l’assemblea non è certo un gran servizio che si fa al Vangelo. Un anziano sacerdote, una volta, mi consigliò: «quando predichi, parla poco, perché se parli bene saranno tutti contenti e se parli male diranno: “Beh, almeno non è stato lungo”».
Ma perché è così difficile parlare poco? Un diacono o un sacerdote lo scoprono subito all’inizio del loro ministero: il fatto è che predicare è bellissimo! È una avventura costante, una sfida, una tensione dell’animo che suscita le migliori energie. Il Mistero di Cristo è talmente affascinante e ricco che non si finirebbe mai di parlarne. E, paradosso del predicatore, spesso se ne scoprono lati ancora più affascinanti mentre lo si predica, quindi verrebbe la voglia di proseguire, di aprire altri capitoli, di approfondire degli aspetti, ecc. E che dire del pensiero – che brivido – che qualcuno possa tramite le nostre parole veder baluginare un riverbero della luce di Cristo! Non c’è niente di più affascinante e sfidante.
Data la tensione e l’importanza del momento, il predicatore si prepara in molti modi: studiando la Bibbia, l’anno liturgico, la teologia e anche un po’ di metodo oratorio. Ma non sempre questo basta a rendere la predica poco noiosa. Viceversa, due aspetti del predicare risultano quasi sempre efficaci: la tensione emotiva e la cura per la forma. Nell’omelia si sente risuonare l’esperienza spirituale del predicatore, i fedeli si accorgono se chi sta parlando mette in campo il suo vissuto, se trepida nell’annunciare la tensione per il Vangelo di cui lui stesso vive. Per questo curare la forma attraverso l’ordine, la disposizione del testo e la concisione sono atteggiamenti che aiutano a rendere l’omelia più efficace; non bisogna lasciarsi prendere dall’emozione, ma utilizzarla per suscitare l’interesse ricercando la semplicità e la profondità. In fondo, anche nel predicare, è necessario imitare il Maestro con il suo impareggiabile stile che sapeva affascinare tutti, semplici e dotti, con la sua parola profonda e familiare.
Mi pare che in questi tratti si sia ben esercitato il diacono Pietro Longoni che qui propone a tutta la comunità di Rito Ambrosiano i suoi commenti alle letture del Lezionario Festivo. Un’opera davvero ammirevole per concisione, efficacia, conoscenza teologica, cultura biblica e saggezza umana. È un dono che il diacono Longoni offre, nel suo caratteristico stile di servizio umile, ordinato e profondo a ogni ascoltatore che voglia in breve essere introdotto alle letture della domenica e a ogni predicatore che voglia un confronto con un buon compagno di avventura.
Come si dice: «intelligenti pauca», a buon ascoltatore poche parole!
Don Filippo C. F. Dotti
(Rettore per la Formazione dei Diaconi permanenti della Diocesi di Milano)
