Il Diaconato Permanente per la Diocesi Ambrosiana

Articolo pubblicato su “Ambrosius” 3/4-1984 – Atti della settimana Decani 1984

 di Mons. Luigi Serenthà,
Rettore Maggiore dei Seminari
e Delegato Arcivescovile per la formazione ai ministeri ordinati

 

La presente comunicazione vuole informare sul lavoro della commissione per il Diaconato Permanente (= D.P.). L’informazione stessa, poi, legittimerà una richiesta di collaborazione.

Costituzione della commissione

La commissione per il D.P. è nata come coronamento della storia che questo tema ha avuto nella nostra Diocesi.

La storia del D.P. è raccontata nella prima parte del documento che il Consiglio Presbiterale aveva elaborato nella sessione dei 7-6-83. Il documento è stato portato a conoscenza di tutto il Clero. L’Arcivescovo in seguito ha adempiuto alle esigenze che in questo documento venivano proposte, invertendo però l’ordine delle richieste: il documento chiedeva che si istituisse una commissione e che questa valutasse l’opportunità che l’Arcivescovo nominasse o no un Delegato Arcivescovile per il D.P.; l’Arcivescovo invece prima ha nominato il D.A. nella persona del Rettore Maggiore dei Seminari e poi, quasi a distanza di un anno, ha nominato anche la commissione.

Membri della commissione

La commissione risulta così composta: Presidente: mons. Luigi Serenthà, Rettore Maggiore dei Seminari; Vice-Presidente: don Tullio Citrini (esperto del problema a livello teologico-pastorale); don Franco Brovelli (esperto in campo teologico-liturgico); e poi tre esperti per il lavoro che svolgono in Diocesi negli Uffici di Curia che hanno compiti molto vicini a quelli che riguardano l’istituzione del D.P., e precisamente don Angelo Bazzari della Caritas; don Piergiorgio Colombo dell’Ufficio Statistica e don Alessandro Gandini dell’Ufficio Promozione del Culto Divino. Quest’ultimo è anche Segretario della commissione.

Ci sono anche Pastori d’anime della Città e del Forese, che sono sembrati, su questo tema, particolarmente adatti a cogliere la sensibilità del popolo cristiano e a promuoverla: Mons. Giuseppe Cantù, don Erminio De Scalzi, don Luigi Manganini, Mons. Luigi Olgiati e don Giovanni Rimoldi.

Compiti

Più importante è capire i compiti. Non si tratta di compiti immediatamente operativi, ma preparatori del processo propriamente istitutivo del D.P. Sostanzialmente i compiti sono due: a) delineare una figura di D.P. proporzionata alle concrete condizioni pastorali della nostra diocesi; b) configurare gli itinerari della formazione culturale, pastorale, spirituale degli eventuali candidati.

L’operazione chiamata in causa nello svolgimento di questi compiti è, in ultima analisi, un discernimento spirituale, inteso non come scoperta delle indicazioni con cui lo Spirito introduce una persona in una vocazione-ministero-carisma già configurato, ma come ascolto delle voci con cui lo Spirito chiede di riconsiderare e di ristrutturare un tipo abbastanza nuovo di vocazione-ministero-carisma nella comunità cristiana.

Il discernimento spirituale comporta che si legga una determinata situazione spirituale, personale o comunitaria, alla luce di alcuni criteri.

La commissione per il D.P. allora ha avvertito i propri compiti come il tentativo di elaborare i criteri che permettono di leggere la situazione spirituale e pastorale della nostra diocesi così da poter discernere se, a quali condizioni e con quali caratteristiche debba essere istituita la figura del D.P. La commissione ha individuato tre ambiti o fonti di criteri:

– la tradizione teologico-spirituale-pastorale relativa al Diaconato;

– la normativa giuridica;

– l’esperienza delle altre diocesi.

Tre fonti di criteri

  1. L’esperienza delle altre diocesi, in Italia e all’estero.

Il lavoro si è precisato con l’aiuto di don Giovanni Tremolada e di don Piergiorgio Colombo. In particolare, con l’aiuto di quest’ultimo, è stata messa a punto una scheda: contiene un questionano che verrà inviato a una ventina di diocesi italiane aventi caratteristiche abbastanza simili alla nostra. Tra qualche mese avremo un materiale di confronto molto vasto e consistente, e riguarderà una ventina di diocesi italiane e altrettante straniere.

  1. La normativa giuridica.

Una sintesi molto organica e chiara della figura giuridica del D.P. è stata preparata da don Carlo Redaelli.

  1. La tradizione teologico-spirituale-pastorale.

Cfr. il lavoro già fatto dalla commissione del Consiglio Presbiterale e il lavoro che continuamente fanno i membri della Commissione per il D.P., specialmente quelli esperti nelle discipline dogmatiche, liturgiche, pastorali. Ecco alcuni punti salienti di questo lavoro. Li sintetizzo in cinque passi che vi chiedo di compiere con me.

Primo passo: paradossalità della figura del Diacono, inserito, mediante l’ordine sacro, nel ministero della presidenza, ma senza esercitare la presidenza. Penso che questo sia il punto di partenza più semplice, ma anche più ricco e completo, più provocatorio per capire la figura del Diacono.

Secondo passo: questa paradossalità rivela la speciale natura della presidenza eucaristica e pastorale della comunità cristiana, cioè il suo carattere di servizio, non solo nel senso generico per cui l’autorità è a servizio del bene della comunità (praeesse-prodesse), ma nel senso specifico per cui presiedere l’Eucaristia e la vita pastorale della comunità vuol dire rendere testimonianza, con i gesti del ministro e con tutta la vita, al servizio di obbedienza, amore, dedizione che Gesù ha reso al Padre salvando, così, gli uomini, nel senso di offrire loro la reale possibilità di inserirsi in questo suo servizio sacerdotale (cfr. la lettera del Giovedì Santo 1984 sul ministero della presidenza).

Il Diaconato, come terzo grado dell’Ordine Sacro, tende appunto a illustrare meglio e a configurare concretamente l’intrinseco carattere di diaconia proprio del ministero della presidenza episcopale e presbiterale.

Terzo passo: questa finalità del ministero diaconale per sua natura si esprime in attenzioni mobili e varie. La tradizione ha configurato tre direzioni fondamentali: missionarietà, capillarità, carità (cfr. il documento del Cons. Presb.).

L’attenzione del Diacono all’aspetto missionario rende il ministero di presidenza del Vescovo e del Presbitero sempre più vicino alle situazioni spirituali di chi è «lontano», di chi meno è raggiunto dalla vita della comunità.

La capillarità fa sì che le comunità (di solito numerose e molto articolate) che si radunano attorno al Vescovo e al Presbitero, vengano dal Diacono veramente raggiunte nelle varie componenti.

La presidenza del Vescovo e del Presbitero infine, che è al servizio della carità e quindi della persona umana nei suoi bisogni e nelle sue esigenze (da quelle primarie come il cibo e il vestito, a quelle più profonde e sottili come la ricerca della verità, il rispetto della dignità dell’uomo…) trova nel ministero diaconale un modo concreto di farsi effettivamente servizio.

Questa configurazione ministeriale è accompagnata — come accade per ogni ministero ecclesiale, che non è puramente funzionale, ma è configurazione della vita a Cristo — da due altre configurazioni: sacramentale-liturgica e spirituale.

Quarto passo: configurazione sacramentale-liturgica. Basta pensare allo speciale sacramento conferito al Diacono; alla speciale partecipazione del Diacono alla celebrazione liturgica.

Quinto passo: configurazione spirituale.

Il ministero diaconale, che si radica nel sacramento e si esprime in una particolare modalità di partecipazione alla vita liturgica della comunità, chiede anche che la vita concreta del Diacono assuma polarizzazioni, articolazioni interne tali da generare una vita spirituale propria. Come orientamento generale notiamo che in questa configurazione spirituale dovranno essere tenuti in tensione dialettica due aspetti: da un lato una forte ricchezza di contenuti spirituali. La vita del Diacono, essendo al servizio di tanti aspetti della vita del popolo cristiano, assume caratteristiche molto diverse da quella presbiterale.

Il Diacono, a differenza del Presbitero, il quale per meglio rappresentare la figura del Buon Pastore nella comunità non deve direttamente impegnarsi nel campo professionale, delle scelte politiche, del lavoro…, svolge compiti che noi chiameremmo propriamente laicali. Per il tipo di vestito, di professione, di sensibilità, di immissione diretta anche in compiti di tipo politico, professionale…, deve avere caratteristiche che lo rendano abbastanza simile al laico e abbastanza diverso dal prete. Però l’altro polo dialettico della tensione è che tutto questo deve trovare una sua necessaria unità nella carità pastorale, di cui il Diacono è reso partecipe mediante la immissione nell’Ordine Sacro e mediante la particolare comunione di intenti e di vita col Presbitero e col Vescovo. Di qui il tono diverso delle attività svolte dal Diacono, anche della vita matrimoniale se è uxorato: pur essendo vera e reale vita matrimoniale, deve ricevere orientazioni, sottolineature tutte particolari dal fatto che nel Diacono è entrata — come asse portante, come perno della vita spirituale e di tutte le virtù cristiane — l’assunzione nell’Ordine Sacro, e quindi la condivisione della carità pastorale col Vescovo e col Presbitero. In questa luce si comprendono anche le disposizioni che al riguardo stabilisce il Codice: il Diacono sposato, nel caso rimanesse vedovo, non può risposarsi e, per essere ammesso all’Ordine diaconale, è richiesto il permesso scritto della moglie e dei figli maggiorenni, perché appunto tutta la famiglia è coinvolta nella storia spirituale che il Diacono vive.

Questi criteri chiedono di essere concretamente applicati alla situazione pastorale della nostra diocesi: di qui la richiesta di collaborazione.

Richiesta di collaborazione

Tre tipi di collaborazione sembrano necessari allo scopo:

1) Verificare, precisare, arricchire i criteri stessi che, nell’atto della loro applicazione, si modificano, si illuminano meglio o rivelano alcune lacune, alcuni bisogni di precisazione.

2) Sondare la sensibilità delle nostre comunità e i reali bisogni pastorali della nostra Diocesi, in base ai quali ipotizzare se e a quali condizioni e con quali caratteristiche debba essere istituita la figura del D.P.

3) Educare la sensibilità. Il diaconato ora è presente come diaconato transeunte (esercitato per pochi mesi, in funzione dell’immissione nell’Ordine Sacro) o come cripto-diaconato (certe figure di coadiutori di parrocchia con parroci un po’ invadenti e onnicomprensivi sono figure ufficialmente presbiterali, ma che di fatto non realizzano la funzione di presidenza… Così, certe gonfiature di servizi laicali o prestati da religiosi: più giustamente verrebbero configurati come servizi diaconali anche mediante il conferimento dell’Ordine del Diaconato). L’istituzione del D.P. chiede una chiarificazione anche degli altri ministeri.

Per avviare la collaborazione, viene proposta una scheda ai Decani. Suo scopo principale è di chiedere pareri sul modo di procedere per sondare ed educare la sensibilità del popolo cristiano. Ha però un secondo scopo, un iniziale sondaggio sui contenuti della figura eventuale di D.P. adatto alla nostra diocesi, specialmente per immaginare i primi eventuali diaconi. (Della scheda e dei risultati si darà notizia in un prossimo numero di Ambrosius).

La commissione ritiene di partire con qualche programmata limitazione:

  1. a) puntare più sulla chiamata che sull’autocandidatura;
  2. b) puntare sul servizio part-time, scegliendo persone professionalmente già a posto, economicamente indipendenti, che siano disposte a dedicare il tempo libero, in pieno volontariato, al servizio diaconale della comunità;
  3. c) cominciare con ambiti delimitati:

– grosse parrocchie, che presentano settori reali in cui la missionarietà, la capillarità e la carità possono essere propriamente configurate;

– piccole parrocchie, per le quali si può prevedere un unico presidente-presbitero che presieda l’Eucaristia girando dall’una all’altra, ma che durante la settimana siano assistite mediante il servizio della missionarietà, della capillarità, della carità dal Diacono;

– alcuni settori diocesani significativi. Nel seminario stiamo pensando a una figura di possibile diacono permanente per i compiti amministrativi. Altri settori possono essere quelli della Caritas, del Centro Missionario Diocesano, dell’Ufficio della scuola…

Affinando la sensibilità, sollecitando la collaborazione, ci si potrà muovere verso soluzioni pastorali concrete, anche per il D.P. in diocesi di Milano.

Mons. Luigi Serenthà